Storia della Biblioteca Attilio Hortis

Secondo le fonti bibliografiche coeve, peraltro tra loro contraddittorie a proposito delle date, il palazzo, edificato tra fine ‘700 e primi anni dell’800, fu restaurato e ampliato per la prima volta negli anni compresi tra il 1817 e il 1821 per mano dell’architetto Pietro Nobile. Direttore delle Pubbliche Fabbriche di Trieste dal 1806 al 1817, amico del Canova, figura emblematica per la personale interpretazione del neoclassico – sua la Chiesa di S. Antonio Nuovo di Trieste, citata nei più importanti scritti su questo stile architettonico – ha lasciato un’impronta precisa in città, sia per gli edifici progettati personalmente e ancora di più per quelli modificati con l’autorità della sua carica pubblica.

La Pubblica Biblioteca Arcadica Triestina, attivata ad uso pubblico nel 1793 dall’Arcadia Romano – Sonziaca diviene Biblioteca Civica nel 1796, dopo che nel 1795 gli Arcadi donarono al Comune la loro biblioteca di circa quattromila volumi –  (l’Accademia degli Arcadi terminò l’attività nel 1809 e la sua eredità culturale fu raccolta dalla Società di Minerva) –  e con decreto dell’Imperatore d’Austria la proposta di dono venne accettata con la condizione che “lo scopo di questa biblioteca, ed il futuro acquisto di libri debbano essere principalmente diritti a formare l’intelletto della gioventù dello stato mercantile, ed procurare gli ajuti per l’estensione di quelle cognizioni, che conducono all’ingrandimento dell’industria”.

La prima sede della biblioteca era situata in Piazza Grande. Dopo le tre occupazioni francesi (1797, 1805-1806, 1809-1813), la Biblioteca spostò la sua sede nella Contrada del Corso.
Nel 1820 il bibliotecario, Giuseppe de Lugnani, ottenne il trasferimento e la sistemazione definitiva nel palazzo Maurizio-Biserini di Piazza Lipsia (l’attuale Piazza Hortis) e presentò l’inventario delle opere conservate nelle raccolte, che vennnero suddivise in dieci classi per un totale di circa 10.000 volumi.
Le sale della Biblioteca furono ospitate dall’Accademia di Commercio e Nautica, che possedeva una sua raccolta libraria specialistica comprendente 700 opere. Nel 1844 giunse in Biblioteca per lascito la raccolta Petrarchesca piccolominea di Domenico Rossetti de Scander, una delle più complete del mondo.
Nel 1852 una patente sovrana rese obbligatorio il versamento alla Biblioteca di ogni nuovo stampato pubblicato nella Provincia. Si formò così il nucleo principale di quella “Raccolta Patria” che costituisce, insieme all’Archivio Diplomatico e all’Archivio Storico del Magistrato, una testimonianza unica e imprescindibile per la conoscenza storica della città.
Nel frattempo le raccolte della Biblioteca si erano ampliate con nuovi acquisti e con le donazioni. Si ricordano il lascito di Attilio Hortis (1850-1926) costituito da manoscritti, preziosi libri antichi e testi di argomento filologico e storico.

Di grande interesse è pure il Fondo Davide Besso (Trieste 1845-Frascati 1906), costituito da una biblioteca di argomento scientifico e matematico, ricca di più di 2600 titoli, fra i quali vi sono numerose edizioni antiche.
Salomon de Parente (fl. 1850), donò alla biblioteca preziose edizioni Bodoniane, mentre Dionisio Therianòs (Zante 1834-Trieste 1897) lasciò una ricca collezione di edizioni di letteratura e cultura neogreca.

Attilio Hortis

Attilio Hortis

Nel 1873 venne nominato direttore della Biblioteca Attilio Hortis, figura di storico e filologo, deputato nel Parlamento di Vienna dal 1897 e, dopo la prima guerra mondiale, senatore del Regno. Nel 1950 sia la Biblioteca che la piazza antistante gli vennero dedicate in riconoscimento del ruolo svolto nello studio e nella valorizzazione della cultura italiana come direttore della Biblioteca (1873-1923) e come rappresentante della città prima nell’organo rappresentativo austriaco, e in seguito nel Parlamento italiano.
Ad Attilio Hortis successe Giacomo Braun, germanista, che la diresse dal 1922 al 1943, catalogando gran parte del patrimonio antico, in particolare i manoscritti e le edizioni della Sezione Petrarchesca Rossettiana, costituita attualmente in Museo petrarchesco piccolomineo. Egli arricchì il patrimonio della “Civica” di preziosi codici e di edizioni del XV e XVI secolo acquistati presso la libreria antiquaria del poeta Umberto Saba.

Negli anni ’20 venne ingrandita la sede, trasferendo in altri edifici sia l’Accademia di Commercio e Nautica, che divenne l’attuale Istituto Tecnico Commerciale e l’Istituto Tecnico Nautico, sia il Museo di Antichità che assunse la denominazione di Civico Museo di Storia ed Arte.

Dal 1943 al 1945 fu incaricato di dirigere l’Istituto Pier Antonio Quarantotti Gambini. Nel 1945 gli subentrò Aldo Tassini, già direttore dell’Archivio Storico, che guidò la Biblioteca fino al 1959, dandole un assetto organizzativo moderno.

Negli anni seguenti Sauro Pesante, direttore dal 1960 al 1978, armonizzò la Biblioteca ai nuovi indirizzi, scaturiti dai Principi di Parigi del 1961 e dalle indicazioni ministeriali, modificandone la fisionomia di biblioteca riservata agli studiosi in biblioteca aperta ad un pubblico più ampio con una sezione di testi disponibili a scaffale aperto, classificati per materia col sistema americano Dewey.

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